Fare fumetti su Instagram: i miei fumettisti preferiti e i loro profili.
Da un po’ di tempo mi chiedo com’è possibile fare arte, e specialmente fare fumetti sia su Instagram ma in generale, sui social e viverli in una maniera sostenibile. Ho provato a fare un punto della situazione e raccontare come ho imparato a starci in maniera sostenibile per me e la mia arte. In più qualche consiglio sui miei profili preferiti di IG.
Prima fare e poi mostrare
Ho iniziato a fare fumetti quando Instagram non c’era. Le ricerche le ho sempre fatte sui libri e poi con i motori di ricerca disponibili fin dal mio primo windows 95.
Ho saputo che a Bologna c’era un corso di fumetto e illustrazione, che ho frequentato e di cui ho parlato sul mio blog, grazie a una ricerca su internet. Insomma ho subito capito che la tecnologia con cui crescevo poteva aiutarmi ad avere delle possibilità che non vedevo l’ora di cogliere. Ho approcciato alle chat, mIRC, C6, Myspace, fotolog, Splinder, personalizzandoli e facendo sì che mi rispecchiassero. Già amavo il personal branding ancora prima di sapere cosa fosse. Ho avuto a che fare fin da giovanissima anche con hater e odiatori seriali che hanno contribuito a minare un po’ la mia autostima e la fiducia in me stessa durante l’adolescenza.
Nel 2009 ero una giovane studentessa, avevo un blogspot e stavo ancora iniziando a capire come utilizzare bene Facebook. Mi sentivo totalmente impreparata ad affrontare l’ennesima sfida sociale ma mi ci buttavo lo stesso (grazie a mammà che mi ha fatto capa tosta). Comunque studiavo, sperimentavo, facevo. Pubblicavo online dei pensieri, delle foto e anche dei disegni molto acerbi senza una reale fiducia nelle mie capacità, anche se stavo per laurearmi, avevo una paura e non sapevo con chi parlarne.
Mi dicevo (o autoconvincevo perché così mi è stato insegnato) che dovevo concentrarmi prima sul lavoro/studio e poi tutto il resto sarebbe arrivato dopo. Ma dopo quando!?? Mi chiedevo. Internet nel frattempo esplodeva e andava avanti.
A un certo punto ho capito che stavo accumulando spazi sociali che mi erano inutili perché non portavano a niente ma necessitavano di essere gestiti con un considerevole spreco di tempo ed energie. Il problema però non erano i social, ero io! Ero io che non trovavo ancora la mia voce e non provavo GIOIA nell’utilizzarli perché mi sentivo in qualche modo “costretta” a farlo. Avevo questo conflitto interiore, tra analogico e digitale, che ancora molte persone hanno nonostante sia il 2021.
Nel 2013 ho cancellato tutto perdendo i pochi follower assidui ma anche hater. Ho fatto tabula rasa. Adesso me ne pento e invidio molto chi è riuscit* a non farsi abbattere e a tenere i nervi saldi. La fanbase di molti influencer contemporanei deriva dal lavoro fatto proprio dal 2009 in poi. Ora che sono grande apprezzo chi riesce a mostrarsi fin da subito e in maniera disinvolta sui social. A mostrare i propri esperimenti e a crescere insieme alle persone che li seguono. Oggi ci sono molti meno giudizi su chi si mostra online o almeno le nuove generazioni hanno imparato a gestirli meglio.
Comunque è solo nel 2014 ho installato Instagram pubblicando le prime foto della mia vita privata, qualche disegno e qualche murales ma lo facevo sempre in maniera inconsapevole, senza un “progetto”. Ho attirato qualche follower e qualche like ma non ne capivo ancora bene il motivo e soprattutto il significato.
Essere professionisti online
Dal pubblicare foto e disegni come in un diario un po’ criptico post adolescenziale e molto sconnesso ho iniziato ad approcciare ai social con un piano editoriale.
I piani editoriali non sono utili solo alle aziende ma anche ai professionisti, che poi altro non sono che delle aziende in miniatura, soprattutto i freelance a p.iva come me. Nell’estate del 2019, complice il fatto di aver iniziato a studiare per bene il web marketing, ho iniziato il mio progetto pubblicando delle vignette e fumetti realizzate appositamente per IG.
La motivazione con cui ho iniziato a farlo è molto semplice: Chi visita il mio feed di IG deve capire subito quello che faccio. Nella realtà offline facevo i fumetti? E allora ciò che devo pubblicare erano fumetti a patto che ne riuscissi a fare 1 nuovo e inedito ogni settimana.
Non ho mai creduto ai social come mera “vetrina” per metterti in mostra o mettere in mostra un patchwork di tuoi lavori migliori ma sconnessi. Per fare quello ci sono i siti web personali (che ho sempre avuto all’inizio con differenti nomi dominio). Oggi sappiamo che ogni social ha delle regole a sé. Prima si capiscono queste regole prima si può iniziare ad usare qualsiasi strumento in un modo professionale e consapevole.
Il punto di svolta è stato precisamente quando me ne sono fregata dell’opinione della gente negativa, di quello che le persone dicevano e pensavano della mia presenza online e dei pregiudizi generici, totalmente infondati, nei confronti degli ambienti digital. È incredibile la quantità di persone disposte a buttarti giù e più rara, ma non impossibile, la quantità di persone disposte a supportarti.
Quella è la chiave del “successo” (passatemi il termine). La creazione di valore e una condivisione di valori. Purtroppo a ogni cambio generazionale, a ogni nuovo social e tecnologia sul mercato ci sarà sempre qualcun* pronto a denigrarla e a dire quanto sia inutile. Se poi si ha la fortuna di avere anche tanto seguito sul nuovo social disprezzato allora la faccenda diventa “prendere a bersaglio la/il/l* influencer” di turno. Perché poi la parola influencer sia diventata un dispregiativo per me resta ancora un mistero. Per quanto mi riguarda è proprio grazie a molte influencer che ho ampliato le mie conoscenze, la mia curiosità verso certi temi e soprattutto la mia consapevolezza dello stare su internet.
L’artista influencer
Spesso chi è percepito come persona influente in un campo riesce ad avere un’influenza tale da far vendere qualche copia in più di un determinato libro o prodotto, ricevendo anche dei regali e degli omaggi. Questo ormai è un fatto. Non crediamo a chi nel 2021 ci dice ancora che l’influencer marketing non funziona.
Capita dunque che la maggior parte del tempo della persona influente venga dedicato alla messa in mostra di questi cadeaux e a progetti con brand e aziende. Collaborazioni, partnership etc diventano davvero dei lavori retribuiti. Gli influencer diventano dunque dei messaggi pubblicitari viventi, degli ambassador e dei testimonial, ma per un artista come funziona? Per un illustratore o un’illustratrice (ma vale anche per fumettisti) come funziona la questione se la maggior parte del tempo la passiamo chini sul tavolo da disegno?
Abbiamo, soprattutto in Italia, un retaggio di intellettualismo snob che fa in modo da non vedere l’arte come una cosa che si può “applicare” ma come qualcosa che ha un valore alto di per sé e che se ci guadagni non è degna di essere chiamata arte. Penso che un disegno, un’opera, possa adattarsi a diversi supporti e per diverse esigenze e che se facciamo arte la facciamo sempre, anche se capita di farla per un brand.
Ci permette di ampliare la platea a cui potenzialmente possiamo rivolgerci che poi, magari, scoprirà la vastità del nostro lavoro e della nostra arte. Non da ultimo, fa sempre piacere ricevere una bella stampa e se la mandiamo a qualche azienda con cui vogliamo collaborare o persona che stimiamo, non facciamo male a nessuno e, anzi, potremmo incontrare un interesse inaspettato e costruire in questo modo relazioni di valore che possano andare ad arricchire la nostra rete sociale.
Dunque va bene lavorare su un proprio marchio personale1 ma se non è legato a un contenuto di valore che vogliamo condividere o a una “visione del mondo” che vogliamo contribuire a creare e condividere, non servirà a molto.
“Sei un artista e quindi dovresti collaborare con chiunque come artista” 3. Prendiamo per esempio il lavoro dell’illustratrice Olimpia Zagnoli. Olimpia ha iniziato a pubblicare illustrazioni sui più grandi giornali nazionali e internazionali ma vanta collaborazioni di spessore. Con Barilla, Illycafé e con un importante brand di moda disegnando una capsule collection per Marella2. Con questi brand l’illustratrice mette a disposizione la sua arte ma non si snatura in nessun modo poiché accoglie e condivide anche i valori di quei brand da cui è invitata a collaborare.
lo spartiacque potrebbe essere quando capiamo che questi mezzi dobbiamo usarli e non farci usare (ricordiamo che i social sono aziende private che guadagnano dal lavoro gratuito di chi pubblica contenuti e interagisce) e la nostra professionalità non deve svanire con il chiudere di una piattaforma o al cambio di un algoritmo. Noi restiamo noi con o senza social, con o senza brand.
Il fumetto maieutico
Quando nel 2019 ho iniziato a pubblicare le mie vignette su IG ho iniziato a fare maieutica disegnando micro storie a fumetti.
Un modo per cercare dentro di me la verità sulle cose, la mia verità in maniera autonoma e autentica. Come da un po’ di anni fanno fumettisti e fumettiste come FumettiBrutti e Zuzu. Per me loro due sono un esempio perfetto di questa nuova generazione e incarnano perfettamente lo spirito dell’artista che è costantemente concentrato sulla sua ricerca personale e il suo modo di esprimersi e lo comunicano in maniera genuina sui social.
Facendo quello che amano, senza troppe strategie, attraggono followers e aziende. Per esempio entrambe si sono recentemente trovate a vestire Gucci per delle campagne lancio della nuova collezione. Zuzu in questo servizio su Grazia.it 4 e Fumettibrutti in copertina sul settimanale 7 5 del corriere della sera. Ovviamente questo non sarebbe potuto accadere se Alessandro Michele non fosse stato direttore creativo di Gucci nel 2020. Entrambe si fanno dunque portatrici dei valori che Gucci ha deciso di sposare e per questo diventano “anche” influencer restando fortemente connotate come artiste.
Possiamo dire i brand invitano determinati artisti anche perché desiderano posizionarsi sul mercato con un certo tipo di valori e vogliono coinvolgere anche la fan base che l’artista ha saputo crearsi. Penso anche al recente coinvolgimento, sempre di Fumettibrutti, nel format video LAVAZZA6 e proprio lei ha vinto il premio Diversity Media Awards nella categoria Influencer 2020.
Su Instagram cambia il mezzo di fruizione, cambia la scrittura e così come per un fumetto cartaceo il giro pagina è il momento del colpo di scena su Ig arriva dopo lo swipe, in un susseguirsi di quadratini (o anche storie stories) che ci accompagnano nel ritmo della lettura. Non è un caso che l’account del The New York Public Library (@nypl) abbia creato delle instagram stories con i classici della letteratura internazionale da fruire tranquillamente, pagina dopo pagina, facendo tap right.
Ora, detto tutto ciò, noi artisti abbiamo comunque un problema che ci rende frustrati non poco. Se pur lavoriamo, anche con clienti importanti, pubblichiamo libri, quando lo condividiamo sui social vediamo che la condivisione dei “nostri successi” non suscita l’interesse che ci aspetteremmo che si traduce in like e condivisioni. Certe volte ancora mi stupisco di come artisti super bravi e affermati nel loro settore su Instagram sembrino dei perfetti sconosciuti con pochissimi follower e altrettanti pochi like.
Ma questo non me li fa amare di meno, sia chiaro. Per me i numeri non indicano di per sé il valore del lavoro di un’artista. Per niente. Ma comunque è un segnale da studiare, capire e interpretare. Come ho già detto qualche paragrafo fa: In che modo i nostri social possono aiutare gli altri? Sicuramente non se li usiamo come portfolio online e vetrine statiche. Se la condivisione del progetto strafigo che abbiamo fatto con il cuore e che ci sembra importante non raggiunge i numeri che vorremmo pazienza ma forse possiamo chiederci: Cosa aggiunge questo mio post feed di IG a chi lo vede? in che modo ne sarà influenzato e coinvolto positivamente?
In questi giorni ho letto questo articolo7 che prende a spunto da un post fatto da una importante agenzia di illustratori, la Handsome Frank, che diceva; “We work with artists not influencers” (Noi lavoriamo con artisti non influencer). Giustissimo e l’articolo è davvero ben scritto. Poi ho letto un altro3, che è più positivo e diametralmente opposto intitolato: Influencer Marketing for Artists and Personal Brands. Allora il povero artista che deve fare? Devo pensarmi come un influencer oppure no? Io direi che si può trovare una degna via di mezzo che però dipende dalle inclinazioni di ciascuno di noi. Ci si può impegnare a trovare una via giusta e del tutto personale. Come in ogni cosa, infatti, non esistono ricette magiche.
miei profili IG preferiti
- _labadessa un ragazzo napoletano che non legge tanti fumetti ma che ne ha già fatti 4. Le sue vignette (e canzoni) strappacuore (e talvolta anche tendenti al depressivo) ci fanno sentire meno soli e ci rincuorano sul fatto che se non abbiamo ancora scelto come essere e cosa diventare, in fondo, non è un problema. Come nei fumetti di Lewis Trondheim anche nei suoi c’è un pennuto sbarazzino.
- chiole_comics che, al contrario, è perfettamente punk. Quando leggo le sue vignette rido a denti stretti e un po’ mi vergogno. Fanno ridere perchè sono vignette che giocano sul significato letterale delle cose oppure rappresentano giochi di parole pazzi, cruenti, scanzonati e volgari. Mi piace l’idea di leggere un qualcosa, in rete o cartaceo, che ci libera un po’ dal male, quello vero, che ci circonda e che riesce a strapparci una risata anche amara. Mi ha ricordato alcuni fumetti della fanzine, di fondazione Bolognese, BLATTA production (che continua a portare avanti l’ostinato e temerario Marco Lanza.
- niall.breen un orso filosofico e romantico.
- comicsworkbook account/magazine che raccoglie fumetti di diversi autori e autrici
- cecile.dormeau autrice francese, femminista body positive.
- Agathesorlet sono una coppia di sorelle gemelle francesi che sfornano stampe e disegni super romantici e melensi ma bellissimi
- Gemmacorrell non credo abbia bisogno di presentazioni ma nel caso: fumettista femminista amante dei carlini
- jakelikesonions le sue vignette sono pazzesche a volte splatter e tristi come un fumetto di Thomas Ott
- ketnipz è il personaggio più memato della storia di Ig e mi piace molto anche il fatto che sia rosa e tendente all’inespressivo.
- Mr Bingo Artista poliedrico e geniale, come stare su un social nella maniera più pazza e fruttuosa possibile
Conclusioni sconclusionate
Quello che ho capito, e la risposta che spesso mi do, è che un contenuto deve aiutare, deve condividere sinceramente conoscenza o consapevolezza e chi ne fruisce deve evolvere in qualche modo o uscirne cambiato. Non mi credete? Allora credere alla più importante agenzia di comunicazione di Milano We are social che ha riassunto in questa indagine “Think Forward 2021”8 i trend sui social di questo ultimo anno e che continueranno anche nel 2021.
“Su Instagram è sempre più frequente informarsi su temi sociali e prender parte a movimenti.”
Per esempio il quarto trend prende il nome di Reliable Idols e si sostiene che: “Le persone prestano maggiore attenzione ai profili che seguono sui social, e al perché. Sono sempre più consapevoli ed esigenti rispetto alla pertinenza e alla qualità dei contenuti che essi veicolano e, di conseguenza, al valore aggiunto che questi apportano al proprio feed”.
Se non volete leggere l’indagine la potete ascoltare e vedere in questo video su youtube9 . Proprio perché condividere è il futuro dei professionisti ho pensato di scrivere questo articolo e allegare un piccolo vademecum zen utile ad artisti e artiste che vogliono crescere professionalmente ma anche sui social. Perché le due cose non si escludono ma possono coesistere in maniera gioiosa e significativa. Per tiare le somme: se da un lato i social permettono di attestare la nostra bravura in numero di follower e di like dall’altro è riduttivo accontentarsi del consenso e si cade nell’errore di sentirsi in obbligo nel dare ai followers ciò che si aspettano da noi a discapito della ricerca di una nostra voce unica. Il nostro scopo, quando disegnamo, a prescindere da dove lo si faccia, non è fare qualcosa per ricevere consenso ma per comunicare e metterci in gioco.
Piccolo vademecum ZEN per preservare la tua arte e vivere bene l’ambiente digitale.
- Chi ti segue che cosa impara seguendoti?
- Usa i social come un laboratorio permanente in cui non ti metti in mostra ma mostri le tue evoluzioni e i tuoi studi.
- Si può scegliere cosa condividere, non avere pressione psicologica.
- Non farti intimidire dagli hater.
- Non perdere tempo a rispondere agli insulti e a commenti inutili.
- Rispondere non è un obbligo. Se un commento ti da fastidio puoi cancellarlo. Ogni profilo o pagina è casa tua. Come reagiresti se qualcuno entrasse in casa tua e ti pisciasse sul tappeto?
- Sii gentile tu per prima/o. Il karma esiste.